mercoledì 23 aprile 2008

I FILIBUSTIERI

XXVII secolo. I fratelli della costa costituiscono una repubblica galleggiante. Dei bucanieri, da cui molti di essi provengono, hanno ereditato i valori di una vita in comune. Dividono il cibo, la sporcizia delle radure, le alterne vicende di una vita libera ed indipendente.
Molti di loro hanno lasciato il vecchio continente, la Francia, l’Olanda, l’Inghilterra alla volta del nuovo Mondo. Siamo nei Caraibi, tra la Tortuga e le mille isole ed atolli delle Antille. Tra colpi di cannone e il fumo delle polveri da sparo. Quello che segue le scintille. Un po’ pirati, un po’ goliardi e un po’ beoni, i filibustieri sono gente pacifica e libera. Tranne che con gli Spagnoli. Tranne contro l’imperialismo di questi.
Il mare dei Caraibi come la foresta di Sherwood. Rande, sartie, fiocchi e boma come frecce, faretre e archi. Prendono di mira ricchi galeoni Spagnoli. Una sorta di redistribuzione delle ricchezze. Del resto, in Europa, gli Spagnoli e i Portoghesi sono i padroni del mare. Ma, qui nel nuovo mondo le gerarchie sono diverse. I filibustieri significano quel piccolo contrappeso, nel gioco di spinte e controspinte, dell’economia mondiale. Che, all’epoca, vedeva volgere il suo baricentro nella vecchia Europa e precisamente nell’iberica penisola.
Ma la questione non è solo confronto tra il più forte ed il più debole. Tra Davide e Golia. Ci sono due mondi che si confrontano, anche se solo nel breve consumarsi di un arrembaggio. Da una parte, la tradizione, il cattolicissimo impero Spagnolo. Feudale e gerarchicamente organizzato. Senza ascensori sociali. Dall’altra, chi da quel mondo ha preso le distanze. Che poi, vai a sapere, come per le zitelle, potremmo anche pensare che chi se ne è andato non ha deciso da sé, ma è stato invitato a farlo. Ma non importa. Certo è che il filibustiere è il rappresentante di una società aperta e libera. In cui la proprietà privata non conta. Dove non contano gli aggettivi “mio” e “tuo”.
Piccoli drappelli di filibustieri valgono cento Spagnoli. Su carrette travestite a velieri si accostano ai ricchi galeoni del Re. Con i favori della nebbia mattutina, affondano la propria imbarcazione e si lanciano come demoni all’assalto del futuro ma incerto bottino. Da una parte l’effetto sorpresa, ma anche il bigottismo Spagnolo. Gli Spagnoli, molli ed addormentati, non capiscono da dove arrivano, li pensano diavoli inviati dal cielo. Il cristianesimo credulone facilita la cattura.
Banditi del mare, certo. Più volte trucidati dagli Spagnoli, decenni prima, i filibustieri costituiscono una sorta di repubblica marinara non riconosciuta. Il denaro e il bottino, certo. Prima di tutto. Ma anche valore, coraggio, audacia. Sorpresa, intuito, destrezza e fortuna a renderli personaggi positivi di saghe d’ avventura. Succhiano il midollo delle bestie che cacciano per sfamarsi. Bestie cacciate e non allevate. Ché la libertà, quella di giocarsi le proprie carte, è data a tutti. Anche alle bestie.
La distanza e l’asimmetria tra il mondo dei filibustieri e quello dei governi da cui molti di essi provengono è algebricamente incalcolabile, forse solo definibile geometricamente, attraverso l’indeterminatezza dell’assenza di intersezioni. Intersezioni che poi, di soppiatto, si verificano nel piano del mare, in mezzo ad una luce abbacinante, quella figlia dell’incontro tra la polvere da sparo con la pietra piezoelettrica.
Che differenza c’è tra il rapporto tra la Spagna, l’Olanda di quei tempi con le Americhee il rapporto che oggi c’è tra l’Occidente con la Cina e l’India?
Probabilmente, molto, molto poco. Poco se si guarda all’infinità del tempo all’interno del quale si collocano questi secoli come infinitesimi intervalli temporali. Molto se invece al cospetto di esperti di ogni singola epoca ci fermiamo ad ascoltare minuziose e dettagliatissime analisi o affascinanti e suggestivi aneddoti.
Quel che è certo è che, in questi infiniti cicli storici, si alternano geograficamente in maniera democratica governi che si trasformano in imperi. Imperi che esercitano il ruolo di colonizzatori e di dominatori rivendicando una posizione di superiorità culturale e politica nei confronti degli altri, quelli in via di sviluppo. Questi cicli generano isteresi. Isteresi politica ed economica. Uno degli effetti è che quel luogo, un tempo occupato dai filibustieri, è in mano alle propaggini dell’economia canaglia. Non c’è più quel contrappeso, quella strenua difesa, l’intifada dei mari che, sgomitando, ricorda ai dominatori che la libertà è un valore per cui ha senso vivere ma anche morire. Che, oltre al denaro, esistono dei valori civili non contendibili.
Economia, economie canaglie invece. Banditi che si dedicano alla pesca di frodo. Quella che lava il denaro sporco della Mafia Russa attraverso i merluzzi Findus e il Salmone Norvegese.
Con la caduta del muro e dell’impero sovietico, il bosco non ha più né il cattivo Duca di Nottingham né il suo Little John.
Il molosso sovietico, seppur con le sue storture e bieche contraddizione, esercitava un controllo, un presidio dei mari, quello di Barents o del Baltico.
Oggi si subiscono gli effetti degli imperi e della globalizzazione supinamente. Lasciando a loro, alle economie canaglia anche lo spazio che fu della ribellione. E noi, tutti, che nella globalizzazione viviamo, siamo alla deriva, con i remi in barca. Poggiando, e mai orzando.

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