Ci trovi articoli sul mondo della Moda, sui tacchi a spillo. Immagini e foto di campi da golf, con i consigli per i green più entusiasmanti. Le inserzioni pubblicitarie sono molto cool. Yachts della Azimut, e la nuovissima Fiat Croma. Che glamour.
È così glamour che si permette di guardare i business man italiani attraverso il linguaggio deformante dei fumetti. Marchionne, l’A.D di Fiat è l’incredibile Hulk, Marco Tronchetti è l’uomo tigre. Profumo di Unicredit, Capitan America. Insomma la rivista graffia e adula allo stesso tempo. Che glamour.
Poi, giri pagina, e ad un certo punto ti imbatti in un articolo che parla di Pubblica Amministrazione. E giù con i soliti rosari: “Il Lazio spende di più della media nazionale perché ha il maggior numero di dipendenti” – “perché la media dello stipendio pro capite è la più alta d’Italia”. Proprio non me l’aspettavo. Così popolare, dopo essere stato tanto glamour.
Ma allora, a chi si rivolge questa rivista? Nel commercio c’è sempre uno che vende ed uno che paga. E qui, allora, chi paga? Butto l’occhio al prezzo, variabile spesso molto esplicativa dei posizionamenti di marketing. 3,50 €. Poco. Non è il prezzo la leva del posizionamento.
Torno ad esaminare con attenzione la copertina. Ecco. Il titolo della rivista:“Business People”, e poi sotto Oliviero Toscani. Provocatorio.
È così. Il prezzo è accessibile ma la copertina differenzia e segmenta. Bene. Un pubblico tipico del “Cù sa senti sa sona”. Una rivista che parla del business rivolta agli uomini che fanno business, che vivono del business. Funzionari, manager. Pubblici e privati. Alé.
Penso quindi che l’articolo sulle P.A. sia destinato ai funzionari pubblici. Per spiegare loro l’importanza di una razionalizzazione. Certo, è così che deve essere. Oppure non è improbabile quest’altro scenario. L’articolo vuole raccontare ai manager italiani come vengono spesi i soldi delle loro multe. Eggià. Anche questa potrebbe essere. Se si vuole operare una riforma di un ambito così delicato e socialmente sensibile, occorre creare consenso. Comunicare l’urgenza degli interventi delle necessità a coloro che lì operano, o a coloro che, della riforma, possono beneficiare.
Eppure mi dico: “Se è così chiaro, lo dicono le statistiche, che in Lazio ci sono più impiegati della media nazionale perché non razionalizzare? Senza stare a fare tanto chiasso?”.
Come per le inchieste della Gabanelli. La Milena di Report. La Gabanelli sa tutto. Sa chi è stato, dove sono finiti i quattrini, i nomi delle multinazionali compiacenti. I giri attraverso le scatole cinesi su internet. Molti dei chiamati in causa dalla Gabanelli non accettano mai di parlare ai suoi microfoni. E noi, i telespettatori di Report, non possiamo che farci l’idea che questi signori hanno la coscienza sporca. E che la Gabanelli ci ha visto giusto ancora una volta. Magari, al lunedì mattina, vedendo un bancario che va al lavoro, ci viene voglia di stenderlo al semaforo. Ma è impulso subitaneo. Poi, guardiamo il sorriso con la lingua di fuori di Del Piero sulla Gazzetta e ci passa.
Ed invece, al lunedì mattina non vanno a prendere nessuno. Né vanno a recuperare i soldi prelevati illegalmente, secondo i giri strani individuati da Milena. Il lunedì, le pubbliche amministrazioni che sono irrazionalmente troppo grandi, decidono, razionalmente, che è arrivato il momento di condurre un’indagine su che percezione hanno, del servizio da loro erogato, i cittadini italiani. E quindi, chiamano Accenture, una importante e costosa società di consulenza, branca della Arthur Andersen, e le commissionano questo studio. Fantastico!
Sapete che cosa ne viene fuori. Roba da scienziati! Accenture, dopo alcuni mesi, scopre l’inaspettato: “Gli Italiani non sono soddisfatti della pubblica Amministrazione!”
Cazzo non l’avrei mai detto!
giovedì 24 aprile 2008
BUSINESS PEOPLE
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