giovedì 24 aprile 2008

BUSINESS PEOPLE

Ci trovi articoli sul mondo della Moda, sui tacchi a spillo. Immagini e foto di campi da golf, con i consigli per i green più entusiasmanti. Le inserzioni pubblicitarie sono molto cool. Yachts della Azimut, e la nuovissima Fiat Croma. Che glamour.
È così glamour che si permette di guardare i business man italiani attraverso il linguaggio deformante dei fumetti. Marchionne, l’A.D di Fiat è l’incredibile Hulk, Marco Tronchetti è l’uomo tigre. Profumo di Unicredit, Capitan America. Insomma la rivista graffia e adula allo stesso tempo. Che glamour.
Poi, giri pagina, e ad un certo punto ti imbatti in un articolo che parla di Pubblica Amministrazione. E giù con i soliti rosari: “Il Lazio spende di più della media nazionale perché ha il maggior numero di dipendenti” – “perché la media dello stipendio pro capite è la più alta d’Italia”. Proprio non me l’aspettavo. Così popolare, dopo essere stato tanto glamour.
Ma allora, a chi si rivolge questa rivista? Nel commercio c’è sempre uno che vende ed uno che paga. E qui, allora, chi paga? Butto l’occhio al prezzo, variabile spesso molto esplicativa dei posizionamenti di marketing. 3,50 €. Poco. Non è il prezzo la leva del posizionamento.
Torno ad esaminare con attenzione la copertina. Ecco. Il titolo della rivista:“Business People”, e poi sotto Oliviero Toscani. Provocatorio.
È così. Il prezzo è accessibile ma la copertina differenzia e segmenta. Bene. Un pubblico tipico del “Cù sa senti sa sona”. Una rivista che parla del business rivolta agli uomini che fanno business, che vivono del business. Funzionari, manager. Pubblici e privati. Alé.
Penso quindi che l’articolo sulle P.A. sia destinato ai funzionari pubblici. Per spiegare loro l’importanza di una razionalizzazione. Certo, è così che deve essere. Oppure non è improbabile quest’altro scenario. L’articolo vuole raccontare ai manager italiani come vengono spesi i soldi delle loro multe. Eggià. Anche questa potrebbe essere. Se si vuole operare una riforma di un ambito così delicato e socialmente sensibile, occorre creare consenso. Comunicare l’urgenza degli interventi delle necessità a coloro che lì operano, o a coloro che, della riforma, possono beneficiare.
Eppure mi dico: “Se è così chiaro, lo dicono le statistiche, che in Lazio ci sono più impiegati della media nazionale perché non razionalizzare? Senza stare a fare tanto chiasso?”.
Come per le inchieste della Gabanelli. La Milena di Report. La Gabanelli sa tutto. Sa chi è stato, dove sono finiti i quattrini, i nomi delle multinazionali compiacenti. I giri attraverso le scatole cinesi su internet. Molti dei chiamati in causa dalla Gabanelli non accettano mai di parlare ai suoi microfoni. E noi, i telespettatori di Report, non possiamo che farci l’idea che questi signori hanno la coscienza sporca. E che la Gabanelli ci ha visto giusto ancora una volta. Magari, al lunedì mattina, vedendo un bancario che va al lavoro, ci viene voglia di stenderlo al semaforo. Ma è impulso subitaneo. Poi, guardiamo il sorriso con la lingua di fuori di Del Piero sulla Gazzetta e ci passa.
Ed invece, al lunedì mattina non vanno a prendere nessuno. Né vanno a recuperare i soldi prelevati illegalmente, secondo i giri strani individuati da Milena. Il lunedì, le pubbliche amministrazioni che sono irrazionalmente troppo grandi, decidono, razionalmente, che è arrivato il momento di condurre un’indagine su che percezione hanno, del servizio da loro erogato, i cittadini italiani. E quindi, chiamano Accenture, una importante e costosa società di consulenza, branca della Arthur Andersen, e le commissionano questo studio. Fantastico!
Sapete che cosa ne viene fuori. Roba da scienziati! Accenture, dopo alcuni mesi, scopre l’inaspettato: “Gli Italiani non sono soddisfatti della pubblica Amministrazione!”
Cazzo non l’avrei mai detto!
Accenture certo non sarà McKinsey, la società dove si è formato Profumo di Unicredit. Il laboratorio dove un certo esperimento lo ha tramutato in Capitan America. Tuttavia rimane tra le società più quotate. Al punto che per il Politecnico di Torino è un’ignominia se i propri neolaureati, ingegneri, non vengono scelti da queste società di consulenza. In fondo la pubblica amministrazione rappresenta le fondamenta della cosa pubblica, della vita civile del paese. Deve essere proprio così. Senza ingegneri come si fanno a studiare le travi e i solai della nostra burocrazia?

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