mercoledì 30 aprile 2008

LA COLPA E' DELLA FACCIA

Cantautore. Come sottofondo poteva anche andare "Mi fido di te" (2005). Ma il problema, poi, sono sempre "Los Numeros" (1990)...

REVISIONISMO

Per la Prestigiacomo questa legge elettorale non è poi così male...

I SUFFISSI DELLA CAMERA

Gli -ini hanno buone possibilità di superare gli -otti

martedì 29 aprile 2008

ROMA

Rutelli: da Cesare a Cesarone...

lunedì 28 aprile 2008

LA COLPA E' DELLA FACCIA

Architetto, dall'accento romano, un po' cafone nella forma e nella sostanza

domenica 27 aprile 2008

LIBERALI

L’accento è importante. E permette di giocare. Spostatelo sulle sillabe del titolo e vedrete. Si moltiplicano sui blog, sui tanti giornali telematici, tra le righe di molti discorsi di economisti, giornalisti, corsivisti e parlatologi di professione, i proclami, i messaggi e gli intendimenti liberali. Liberali, si. Oggi sono tutti liberali, ci sono circoli liberali, movimenti liberali e centri studi liberali. Liberali!
Come se bastasse la sintassi, un certo atteggiamento, certe frequentazioni, lo stare in certi salotti. Inciso - Avete mai visto un povero liberale?-.
Andrebbe data forza all’azione. Spostandone, magari, anche il punto di applicazione. Il fisico dice che se non sposti il punto di applicazione della forza non produci lavoro. Fermo e inoperoso. Ah, ah, ah. Liberali!
Ma questa è la nostra Italia eclettica. Esempio inimitato dell’estetica non aristotelica. Per definizione l’estetica del “non fare”.
Torino quest’anno è la capitale del Design. Milano è riuscita, grazie ad una cordata di pochi, pochissimi nodi di notabili, ad accaparrarsi l’Expo del 2011. Ed eccoli i liberali a far festa. Pensano già al dinamismo, al muoversi dei capitali, allo sprigionarsi delle risorse, allo sviluppo ed al rilancio. Questo è il lessico del liberale, questo è il suo patrimonio concettuale. L’armamentario verbale del liberale nostrano immobile in un punto. Il liberale muove le labbra e cerca subito di appropriarsi dell’evento, di accostarsi ad esso nella speranza di conquistarne qualche benefico riflesso. Liberali!

Continua

sabato 26 aprile 2008

PIO DENARO

Uno dei capitoli più importanti del marketing è quello relativo al marketing dei servizi. Il marketing in sé è disciplina recente. Il marketing, che nasce negli Stati Uniti, raccoglie, sotto un’unica egida, quel complesso di tecniche e di metodologie volte a spiegare come identificare un’utenza che manifesta un bisogno, e come soddisfare tale bisogno proponendo un’offerta che massimizzi i profitti.

Più i bisogni sono sincretici, disaccoppiati dai bisogni materiali, come direbbe Maslow, dai bisogni primari per la sopravvivenza, più il marketing diventa l’unica arma per le aziende produttrici di beni e di servizi per sopravvivere sul mercato.

E’ paradossale, ma l’entropia del business capitalistico si consuma in questo paradossale loop. Da una parte ci sono i clienti. Che siamo noi. Pigri ed indolenti, insoddisfatti dal vedere soddisfatto ogni impulso istintuale e materiale. Dall’altra chi deve offrirci qualche cosa. Che, poi, siamo sempre noi, o qualche nostro simile, quello posto, nella manfrina della compravendita, dall’altra parte della barricata. Più noi facciamo fatica a trovare prodotti attraenti, sopraffatti come siamo dal superfluo, un po’ come Nerone sul triclinio; pronti a sbuffare di fronte ad un’offerta statica e poco attraente, più il nostro simile, dall’altra parte della barricata, lotta retrocedendo lungo la piramide di Maslow. Non vende e diviene povero. E retrocede. Lui deve vendere, deve inventarsi un qualche cosa che possa soddisfare un qualche bisogno. È costretto, darwinianamente, a creare bisogni anche dove questi non ci sono. La casa farmaceutica crea prima Chimera e poi Bellerofonte. Così è.

Ma torniamo al marketing dei servizi. Se il marketing di un bene manifatturiero è già, di per sé, qualcosa di sovrastrutturale, all’interno dell’ingranaggio socio-psicologico del consumo, quello dei servizi è la sua esasperazione. Provate a vendere un viaggio, un servizio di manutenzione. Provate a vendere qualcosa che non si vede, o che non si può toccare. E fatelo misurandovi sul mercato in mezzo a terribili concorrenti. È durissima.

Nel marketing dei servizi, occorre dare al servizio fisicità. Fisicità = rassicurazione. Pensate a quando entrate nella agenzie di viaggio: le navi di crociera e le hostess di cartone, i mille depliant, le piantine e i modellini dei tanti resort sparsi per il mondo. A far bella mostra, per cucire la distanza tra la vostra periferia urbana e le coste bellissime o gli atolli paradisiaci. Fateci caso, l’impiegato dell’agenzia vi lascerà portare a casa tutti i gadget che volete. Saranno il segno tangibile della vostra presenza in agenzia. L’oggetto fisico che, si spera, contribuirà a costruire in voi il convincimento che il servizio che state cercando sia proprio quello.

Pensate adesso alla più grande agenzia di viaggio della storia. Viaggi di sola andata. Tant’é. Loro dicono che non è corretto dire che il viaggio è di sola andata. Ma che è un viaggio che non finisce mai. Un tour bellissimo senza fine. E così sia….

Anche lì ci sono dei resort da pubblicizzare. E tra qualche giorno, è proprio periodo. I problemi sono i medesimi. Marketing di servizio, turismo. Loro ti dicono che ci devi credere. Che devi avere fede. Non fiducia, ma fede. Ma la sostanza non cambia. C’è bisogno di dare fisicità alle loro proposte. L’ideale è metterti in contatto con uno che ha già fatto il viaggio. Un opinion leader. Un esempio? Prendete la riesumazione di Padre Pio! Non vi sembra un ottimo opinion leader? Non storcete il muso, mica prendo queste informazioni dal Kotler. Cito testualmente Stefano Campanella, il direttore di tele radio Padre Pio. Questi, a sua volta, cita padre Colacelli: “Dio si è mostrato facendosi uomo. I fedeli chiedono segni tangibili, basta pensare a San Tommaso. Paolo VI ha definito Padre Pio un rappresentante stampato delle stimmate. Il suo è un corpo che ha parlato oltre il linguaggio verbale”.

In un periodo di grande sincretismo. Un periodo in cui ognuno vuole sentirsi unico, cercando nei prodotti quel senso di unicità che non trova dentro di sé, un’azienda come la Chiesa, che fa marketing da millenni, non può stare a guardare. Deve cercare di fare penetrazione di mercato. Fornire una risposta a questo bisogno, a questo senso di solitudine. Un senso di solitudine che è poi lo scarto di processo, il residuo, di una società, quella piccolo-borghese, che ha caratterizzato l’Italia per 50 anni.

Come tutte le aziende customer-oriented la Chiesa non ha badato a spese. TV, magazine, radio. Il Gargano si è trasformato in paradiso…

Ed i numeri sono da multinazionale. Teleradio Padre Pio sta per 15 ore sul satellite ogni giorno in Europa e Nord America. Tre messe, due rosari, due contenitori di approfondimento e uno spazio per la catechesi.

Dal giorno dell’annuncio della riesumazione siamo a 301.236 richieste, di chi vuole essere a San Giovanni Rotondo entro Maggio. I Frati pare abbiamo chiesto un mbo sulla vendita delle statuette.

giovedì 24 aprile 2008

BUSINESS PEOPLE

Ci trovi articoli sul mondo della Moda, sui tacchi a spillo. Immagini e foto di campi da golf, con i consigli per i green più entusiasmanti. Le inserzioni pubblicitarie sono molto cool. Yachts della Azimut, e la nuovissima Fiat Croma. Che glamour.
È così glamour che si permette di guardare i business man italiani attraverso il linguaggio deformante dei fumetti. Marchionne, l’A.D di Fiat è l’incredibile Hulk, Marco Tronchetti è l’uomo tigre. Profumo di Unicredit, Capitan America. Insomma la rivista graffia e adula allo stesso tempo. Che glamour.
Poi, giri pagina, e ad un certo punto ti imbatti in un articolo che parla di Pubblica Amministrazione. E giù con i soliti rosari: “Il Lazio spende di più della media nazionale perché ha il maggior numero di dipendenti” – “perché la media dello stipendio pro capite è la più alta d’Italia”. Proprio non me l’aspettavo. Così popolare, dopo essere stato tanto glamour.
Ma allora, a chi si rivolge questa rivista? Nel commercio c’è sempre uno che vende ed uno che paga. E qui, allora, chi paga? Butto l’occhio al prezzo, variabile spesso molto esplicativa dei posizionamenti di marketing. 3,50 €. Poco. Non è il prezzo la leva del posizionamento.
Torno ad esaminare con attenzione la copertina. Ecco. Il titolo della rivista:“Business People”, e poi sotto Oliviero Toscani. Provocatorio.
È così. Il prezzo è accessibile ma la copertina differenzia e segmenta. Bene. Un pubblico tipico del “Cù sa senti sa sona”. Una rivista che parla del business rivolta agli uomini che fanno business, che vivono del business. Funzionari, manager. Pubblici e privati. Alé.
Penso quindi che l’articolo sulle P.A. sia destinato ai funzionari pubblici. Per spiegare loro l’importanza di una razionalizzazione. Certo, è così che deve essere. Oppure non è improbabile quest’altro scenario. L’articolo vuole raccontare ai manager italiani come vengono spesi i soldi delle loro multe. Eggià. Anche questa potrebbe essere. Se si vuole operare una riforma di un ambito così delicato e socialmente sensibile, occorre creare consenso. Comunicare l’urgenza degli interventi delle necessità a coloro che lì operano, o a coloro che, della riforma, possono beneficiare.
Eppure mi dico: “Se è così chiaro, lo dicono le statistiche, che in Lazio ci sono più impiegati della media nazionale perché non razionalizzare? Senza stare a fare tanto chiasso?”.
Come per le inchieste della Gabanelli. La Milena di Report. La Gabanelli sa tutto. Sa chi è stato, dove sono finiti i quattrini, i nomi delle multinazionali compiacenti. I giri attraverso le scatole cinesi su internet. Molti dei chiamati in causa dalla Gabanelli non accettano mai di parlare ai suoi microfoni. E noi, i telespettatori di Report, non possiamo che farci l’idea che questi signori hanno la coscienza sporca. E che la Gabanelli ci ha visto giusto ancora una volta. Magari, al lunedì mattina, vedendo un bancario che va al lavoro, ci viene voglia di stenderlo al semaforo. Ma è impulso subitaneo. Poi, guardiamo il sorriso con la lingua di fuori di Del Piero sulla Gazzetta e ci passa.
Ed invece, al lunedì mattina non vanno a prendere nessuno. Né vanno a recuperare i soldi prelevati illegalmente, secondo i giri strani individuati da Milena. Il lunedì, le pubbliche amministrazioni che sono irrazionalmente troppo grandi, decidono, razionalmente, che è arrivato il momento di condurre un’indagine su che percezione hanno, del servizio da loro erogato, i cittadini italiani. E quindi, chiamano Accenture, una importante e costosa società di consulenza, branca della Arthur Andersen, e le commissionano questo studio. Fantastico!
Sapete che cosa ne viene fuori. Roba da scienziati! Accenture, dopo alcuni mesi, scopre l’inaspettato: “Gli Italiani non sono soddisfatti della pubblica Amministrazione!”
Cazzo non l’avrei mai detto!
Accenture certo non sarà McKinsey, la società dove si è formato Profumo di Unicredit. Il laboratorio dove un certo esperimento lo ha tramutato in Capitan America. Tuttavia rimane tra le società più quotate. Al punto che per il Politecnico di Torino è un’ignominia se i propri neolaureati, ingegneri, non vengono scelti da queste società di consulenza. In fondo la pubblica amministrazione rappresenta le fondamenta della cosa pubblica, della vita civile del paese. Deve essere proprio così. Senza ingegneri come si fanno a studiare le travi e i solai della nostra burocrazia?

mercoledì 23 aprile 2008

I FILIBUSTIERI

XXVII secolo. I fratelli della costa costituiscono una repubblica galleggiante. Dei bucanieri, da cui molti di essi provengono, hanno ereditato i valori di una vita in comune. Dividono il cibo, la sporcizia delle radure, le alterne vicende di una vita libera ed indipendente.
Molti di loro hanno lasciato il vecchio continente, la Francia, l’Olanda, l’Inghilterra alla volta del nuovo Mondo. Siamo nei Caraibi, tra la Tortuga e le mille isole ed atolli delle Antille. Tra colpi di cannone e il fumo delle polveri da sparo. Quello che segue le scintille. Un po’ pirati, un po’ goliardi e un po’ beoni, i filibustieri sono gente pacifica e libera. Tranne che con gli Spagnoli. Tranne contro l’imperialismo di questi.
Il mare dei Caraibi come la foresta di Sherwood. Rande, sartie, fiocchi e boma come frecce, faretre e archi. Prendono di mira ricchi galeoni Spagnoli. Una sorta di redistribuzione delle ricchezze. Del resto, in Europa, gli Spagnoli e i Portoghesi sono i padroni del mare. Ma, qui nel nuovo mondo le gerarchie sono diverse. I filibustieri significano quel piccolo contrappeso, nel gioco di spinte e controspinte, dell’economia mondiale. Che, all’epoca, vedeva volgere il suo baricentro nella vecchia Europa e precisamente nell’iberica penisola.
Ma la questione non è solo confronto tra il più forte ed il più debole. Tra Davide e Golia. Ci sono due mondi che si confrontano, anche se solo nel breve consumarsi di un arrembaggio. Da una parte, la tradizione, il cattolicissimo impero Spagnolo. Feudale e gerarchicamente organizzato. Senza ascensori sociali. Dall’altra, chi da quel mondo ha preso le distanze. Che poi, vai a sapere, come per le zitelle, potremmo anche pensare che chi se ne è andato non ha deciso da sé, ma è stato invitato a farlo. Ma non importa. Certo è che il filibustiere è il rappresentante di una società aperta e libera. In cui la proprietà privata non conta. Dove non contano gli aggettivi “mio” e “tuo”.
Piccoli drappelli di filibustieri valgono cento Spagnoli. Su carrette travestite a velieri si accostano ai ricchi galeoni del Re. Con i favori della nebbia mattutina, affondano la propria imbarcazione e si lanciano come demoni all’assalto del futuro ma incerto bottino. Da una parte l’effetto sorpresa, ma anche il bigottismo Spagnolo. Gli Spagnoli, molli ed addormentati, non capiscono da dove arrivano, li pensano diavoli inviati dal cielo. Il cristianesimo credulone facilita la cattura.
Banditi del mare, certo. Più volte trucidati dagli Spagnoli, decenni prima, i filibustieri costituiscono una sorta di repubblica marinara non riconosciuta. Il denaro e il bottino, certo. Prima di tutto. Ma anche valore, coraggio, audacia. Sorpresa, intuito, destrezza e fortuna a renderli personaggi positivi di saghe d’ avventura. Succhiano il midollo delle bestie che cacciano per sfamarsi. Bestie cacciate e non allevate. Ché la libertà, quella di giocarsi le proprie carte, è data a tutti. Anche alle bestie.
La distanza e l’asimmetria tra il mondo dei filibustieri e quello dei governi da cui molti di essi provengono è algebricamente incalcolabile, forse solo definibile geometricamente, attraverso l’indeterminatezza dell’assenza di intersezioni. Intersezioni che poi, di soppiatto, si verificano nel piano del mare, in mezzo ad una luce abbacinante, quella figlia dell’incontro tra la polvere da sparo con la pietra piezoelettrica.
Che differenza c’è tra il rapporto tra la Spagna, l’Olanda di quei tempi con le Americhee il rapporto che oggi c’è tra l’Occidente con la Cina e l’India?
Probabilmente, molto, molto poco. Poco se si guarda all’infinità del tempo all’interno del quale si collocano questi secoli come infinitesimi intervalli temporali. Molto se invece al cospetto di esperti di ogni singola epoca ci fermiamo ad ascoltare minuziose e dettagliatissime analisi o affascinanti e suggestivi aneddoti.
Quel che è certo è che, in questi infiniti cicli storici, si alternano geograficamente in maniera democratica governi che si trasformano in imperi. Imperi che esercitano il ruolo di colonizzatori e di dominatori rivendicando una posizione di superiorità culturale e politica nei confronti degli altri, quelli in via di sviluppo. Questi cicli generano isteresi. Isteresi politica ed economica. Uno degli effetti è che quel luogo, un tempo occupato dai filibustieri, è in mano alle propaggini dell’economia canaglia. Non c’è più quel contrappeso, quella strenua difesa, l’intifada dei mari che, sgomitando, ricorda ai dominatori che la libertà è un valore per cui ha senso vivere ma anche morire. Che, oltre al denaro, esistono dei valori civili non contendibili.
Economia, economie canaglie invece. Banditi che si dedicano alla pesca di frodo. Quella che lava il denaro sporco della Mafia Russa attraverso i merluzzi Findus e il Salmone Norvegese.
Con la caduta del muro e dell’impero sovietico, il bosco non ha più né il cattivo Duca di Nottingham né il suo Little John.
Il molosso sovietico, seppur con le sue storture e bieche contraddizione, esercitava un controllo, un presidio dei mari, quello di Barents o del Baltico.
Oggi si subiscono gli effetti degli imperi e della globalizzazione supinamente. Lasciando a loro, alle economie canaglia anche lo spazio che fu della ribellione. E noi, tutti, che nella globalizzazione viviamo, siamo alla deriva, con i remi in barca. Poggiando, e mai orzando.